Accrual a un anno dal via: incertezza normativa, ma il patrimonio resta la priorità

Tra le numerose riforme previste dal PNRR, la misura 1.15 rappresenta una delle più impattanti per i circa 18.000 enti pubblici italiani. Essa introduce un nuovo sistema di contabilità pubblica basato sul principio accrual, in linea con gli standard internazionali IPSAS ed EPSAS, che sarà adottato in modo uniforme da almeno il 90% delle Amministrazioni Pubbliche entro il 2026.

Si tratta di cambiamento significativo: il superamento della tradizionale contabilità finanziaria a favore di un modello economico-patrimoniale capace di offrire una rappresentazione più trasparente e realistica della situazione economica e finanziaria degli enti pubblici.

Ma a un anno dall’avvio, a che punto siamo davvero? Nonostante la partenza ufficiale della fase pilota nel 2025, molti enti sono ancora fermi e il percorso appare incerto.

Un impianto tecnico senza guida normativa

Nel corso del 2025 ha preso il via la fase pilota, coinvolgendo circa il 90% delle amministrazioni pubbliche. Sono già stati pubblicati i 18 standard ITAS, il nuovo piano dei conti multidimensionale e il quadro concettuale: strumenti tecnici che costituiscono le fondamenta del nuovo impianto contabile.

Tuttavia, mancano ancora all’appello i decreti attuativi, indispensabili per passare dalle linee guida alle regole operative: come redigere i bilanci accrual, come aggiornare i sistemi informativi, quali siano gli obblighi per gli enti più piccoli e come affrontare i numerosi casi di scostamento tra comparti

Questa assenza normativa sta rallentando il processo e generando un senso diffuso di incertezza operativa, soprattutto tra gli enti coinvolti nella sperimentazione. In molti casi, gli uffici contabili non sanno ancora come procedere, né se ciò che stanno facendo sarà conforme alle disposizioni future.

L’unica certezza: il patrimonio

In questo scenario, un solo elemento appare oggi come asse portante e certezza indiscussa della riforma: la valutazione, gestione e rappresentazione del patrimonio pubblico. Un tema tanto strategico quanto complesso, che costringe le amministrazioni a ripensare completamente le logiche di rilevazione degli asset, delle immobilizzazioni, dei beni demaniali.

Un contributo chiave alla riflessione arriva dalla Nota 148/2025 pubblicata dal Servizio Studi Dipartimentale della Ragioneria Generale dello Stato, che delinea le fasi operative necessarie alla transizione: preparatoria, transitoria e di adozione definitiva del modello accrual.

Il documento fa riferimento diretto allo standard internazionale IPSAS 33, che guida i Paesi nella prima adozione dell’accrual accounting, e riconosce come ogni nazione abbia seguito un percorso diverso: approccio “big bang”, per fasi, o “dry run”. L’Italia ha scelto quest’ultimo: tenere doppia contabilità (finanziaria e accrual) nel biennio sperimentale 2025-2026, per poi procedere gradualmente fino all’adozione definitiva del sistema entro il 2030.

Deda Value: al fianco degli enti pubblici con il progetto Accrual PA

In questo contesto di trasformazione normativa e organizzativa si inserisce il contributo concreto di Deda Value, azienda del Gruppo Deda, che con il progetto Accrual PA – realizzato in collaborazione con l’Università di Pisa, il Centro Studi Enti Locali e ASFEL – sta accompagnando decine di enti pubblici lungo il percorso di adozione del nuovo modello contabile.

Ad oggi, oltre 600 dipendenti pubblici hanno partecipato ai webinar formativi gratuiti organizzati dal progetto, mentre numerosi interventi di formazione sono stati svolti direttamente presso gli enti, con affiancamento operativo personalizzato.

Accanto alla formazione, Deda Value fornisce una consulenza specialistica continuativa, che comprende l’analisi dei bilanci, la valutazione e classificazione delle immobilizzazioni materiali, e l’aggiornamento degli inventari patrimoniali.

L’approccio è chiaro: meglio iniziare a lavorare con gli elementi oggi disponibili, per poi adattarsi in corso d’opera, piuttosto che attendere e rischiare di arrivare in ritardo.

Il completamento della fase pilota infatti è previsto entro il secondo trimestre del 2026, cui seguirà l’adozione dell’atto legislativo che darà avvio ufficiale alla fase transitoria. Solo allora il nuovo sistema potrà cominciare ad entrare a regime, con l’obiettivo finale fissato per il 2030.

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